Alessandra Rovelli, LIFE BOX: l’arte contemporanea da scatole di recupero
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Alessandra Rovelli, LIFE BOX: l’arte contemporanea da scatole di recupero

Alessandra Rovelli, LIFE BOX: l’arte contemporanea da scatole di recupero

Alessandra Rovelli nasce a Rivolta d’Adda, in provincia di Cremona e il paesaggio verde che la circonda fin da bambina diventa anche principio della sua ispirazione pittorica. La formazione artistica, prima come ceramista, poi perfezionandosi all’Accademia di Belle Arti di Brera, le consente di affinare le sue conoscenze sui materiali, di cui esplora le diverse potenzialità espressive. La componente tattile è di centrale importanza nell’arte contemporanea di Alessandra Rovelli, sulle cui tele si stratificano i diversi materiali: carbone, cenere o terra brulla, che conferiscono alla superficie una ruvidezza che caratterizza tutta la produzione.

Tutta la mia ricerca pittorica è improntata verso il paesaggio al quale attribuisco un significato simbolico: la strada diventa il percorso di vita, i lampioni o gli alberi possono essere persone. Mi piace raccontare di rapporti umani, di emozioni, di ricordi.

Nel corso della Colazione d’artista organizzata lo scorso dicembre, Alessandra ha presentato la serie delle Life Box: scatole recuperate, portatrici di una loro storia, su cui l’artista ha “cucito” una tela, dipingendo paesaggi intrisi di poesia e lirismo che, nell’assenza totale della presenza umana, restituiscono la profondità di uno sguardo che si posa sulle tracce che l’uomo ha lasciato di sé nei luoghi che segnano il suo passaggio: lampioni, alberi, pali della corrente, case. All’interno delle scatole l’artista inserisce dei messaggi che non si possono leggere, ma che sono legati all’immagine dipinta, come un segreto all’interno di uno scrigno, che può diventare nostro anche se non appagherà la nostra curiosità di conoscerne il contenuto.

Il colore è dato a pennellate piene, corpose, molto compatte e ne risulta una materia pittorica ruvida che vuole dare una visione animistica della natura, che vuole raccontare delle storie e, questo senso della narrazione, lo suggerisco anche nei titoli che spesso accompagnano l’osservatore nell’interpretazione dell’opera. La scelta di lavorare su un supporto tridimensionale e decisamente impattante, come lo sono le scatole, ha un significato concettuale, infatti spingo lo spettatore a riflettere su ciò che c’è dietro alle cose, su quello che c’è dentro l’opera. E lo faccio anche scrivendo un pensiero, una frase su un foglio di carta che poi inserisco all’interno della scatola e che, non essendo accessibile, ne rimarrà racchiuso e custodito.

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