Stefano Pilato: l’arte contemporanea incontra il recupero
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Stefano Pilato: l’arte contemporanea incontra il recupero

Stefano Pilato: l’arte contemporanea incontra il recupero

“Tutto è partito da una spiaggia vicino a casa, dopo una bella libecciata – di quelle per intenderci che ti ci vogliono i sassi in tasca per non volare – raccogliendo alcuni pezzi di legno logoro, anzi erano già parti scomposte di un buffo pesce spada…” (Stefano Pilato)

Partiamo da questo estratto molto suggestivo per raccontarvi un’artista di Livorno che da oltre trent’anni fa del recupero un’arte che non finisce mai di stupire, che regala mondi di infinita poesia, che condisce la riflessione critica con l’ironia e una insolente giocosità.

L’artista livornese ha sviluppato la produzione artistica PESCE FRESCO dal 1993, da quel momento la sua formazione di graphic designer lo ha orientato a considerare l’oggetto materiale come reperto destinato ad una nuova dignità estetica che inglobi la funzione originaria nella nuova vita di un pesce, un bufalo o un coccodrillo albino.

Tutte le sculture di Stefano Pilato sono ricavate dall’assemblaggio di elementi di recupero: il legno raccolto sulle spiagge, i pezzi di ferro e di plastica di vecchi elettrodomestici, e ancora biglie, stampelle, spazzolini, mollette, antenne, manici di ombrelli, rivivono come cavallucci marini, pesci vissuti su venere, tonni di riace, scorfanoidi a pois, stelle e pinokki.

Il legame con il mare è la chiave per penetrare la sua poetica. L’artista lo racconta con queste parole:

Quando mi ci tuffo, quando lo contemplo dal lungomare, quando mi basta sapere che è lì vicino anche se non lo vedo… il mare mi scalda il cuore ed ha un ruolo centrale nella mia vita. Gli faccio spesso visita, per cercare “materia prima” sulla spiaggia, sulla scogliera o nel porto, magari dopo una bella libecciata come conosciamo qui in Toscana.

Quello che mi emoziona di più è che fino a quando non sono lì non posso sapere cosa il mare mi regalerà: legno, plastica, metallo, materiali logorati dall’acqua, dal sole e dal vento. Tanti di loro hanno già vissuto una loro esistenza funzionale a qualcosa, inizio ad osservare a 360 gradi poi mi cade l’occhio su un grosso ramo
o su una tanica colorata e comincio a selezionare e a raccogliere.

La casualità dei ritrovamenti è il principio stimolante dei miei possibili riutilizzi espressivi e la trasmutazione nell’opera finale avviene poi attraverso l’assemblaggio con materiali vari provenienti anche da altri luoghi… come discariche, soffitte, magazzini, uffici, abitazioni di parenti, di amici: dovunque ci sia qualcosa di utile alla causa, porto via…

Stefano Pilato fa rivivere un nuovo modello di realtà rottamata dove pezzi scartati della nostra quotidianità si combinano al legno recuperato sulle spiagge per iniziare una nuova vita, più colorata e divertente della realtà a cui erano destinati e questa operazione artistica, in cui si mescola regola ed eccezione, progettazione e improvvisazione, è aperta anche al contributo di chiunque incroci il suo cammino:

Sono tante le persone che conosco che mi portano in laboratorio oggetti chebmagari avrebbero buttato nel cassonetto e invece, visto il riuso che faccio di vecchie moka o di ferri da stiro, me li ritrovo davanti alla porta. Sono molto lucido, quando lavoro!?

Ho sempre un disegno in testa, progetto, impagino su carta un pesce ricco di particolari oppure di estrema sintesi grafica, poi mi guardo in giro e spesso la lucidità iniziale lascia il posto ad un caos mentale controllato in cui cerco il pezzo giusto da usare, cioè improvviso!

Questa alternanza del momento creativo è forse la più intima e inviolabile dimensione del mio lavoro che mi fa pensare e dire: che uomo fortunato sono.

L’arte riesce quindi a raccontare ancora mondi nuovi e quando lo fa attraverso il recupero, giocando di ironia, il risultato può solo stupire e lasciare un bagliore di innovazione nell’arte contemporanea stessa.

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